mercoledì 26 maggio 2010

Rapporto ISTAT disarmante sulla formazione dei ragazzi italiani


Riporto l'articolo apparso oggi su repubblica.it

http://www.repubblica.it/scuola/2010/05/26/news/istat_lettura_scuola_e_tecnologia-4338566/?ref=HREA-1

"ROMA - Non è vero che stanno sempre attaccati al computer, che sono dei maghi di Internet, che passano il tempo tra blog, siti e chat. Nel 2009, attesta il Rapporto Istat, "sono oltre 1,7 milioni i giovani di 15-29 anni che dichiarano di non aver usato il Pc nei dodici mesi precedenti l'intervista (18,4 per cento)". E non è certo perché si tratta di luddisti che rifiutano le nuove tecnologie e scelgono invece di istruirsi e informarsi in modo tradizionale, leggendo i libri: quattro ragazzi su dieci non leggono. "La quota di chi non ha letto nemmeno un libro nel tempo libero nei dodici mesi precedenti l'intervista è pari al 43,6 per cento". Sostanzialmente, legge solo chi ha libri a casa, e usa il computer chi ha genitori che ne possiedono uno e lo sanno usare.

Una situazione di diseguaglianza strutturale che la scuola scalfisce in modo superficiale, intanto perché presenta gravi carenze, che si riflettono sulla preparazione degli studenti: "I risultati degli studenti italiani appaiono particolarmente preoccupanti, e collocano il nostro Paese sempre al di sotto dei valori medi di Ocse". E poi perché l'introduzione dell'obbligo scolastico ha "annullato", rileva l'Istat, "le differenze sociali nel conseguimento della licenza media, "mentre nel conseguimento dei titoli superiori continua a pesare una forte disuguaglianza legata alla classe sociale della famiglia di provenienza degli studenti, anche considerando le differenti generazioni". Fino ad arrivare alla constatazione (dati alla mano) che i figli delle famiglie più abbienti prendono voti più alti: "I risultati scolastici sono correlati all'estrazione sociale della famiglia di origine. Quelli meno soddisfacenti, infatti, si riscontrano più spesso nelle famiglie operaie (36,5 per cento) e in quelle in cui la persona di riferimento è un lavoratore in proprio (42,5 per cento)".

Né la scuola, dunque, né le nuove tecnologie aiutano i giovani ad abbattere le barriere sociali, a farsi avanti, a rompere il meccanismo di una società bloccata. "Non usa il pc il 4,8 per cento di figli nel caso in cui la persona di riferimento è un dirigente, imprenditore o libero professionista, mentre la quota sale al 18,6 per cento per i figli che vivono nelle famiglie operaie". Nelle scuole il computer non c'è, o ce ne sono troppo pochi, o non vengono usati adeguatamente: "Anche rispetto all'utilizzo dei nuovi strumenti tecnologici - conclude l'Istat - la scuola risulta incapace di alfabetizzare i ragazzi che non hanno avuto opportunità in famiglia o con gli amici".

Identico il meccanismo della lettura: legge chi ha genitori che leggono e che tengono libri in casa. Si registra il 41,3 per cento di lettori tra i figli di 15-29 anni che hanno al massimo 50 libri in casa, ma la percentuale sale al 73,4 per cento tra chi vive e cresce in una casa con più di 200 libri. "Anche il livello di istruzione dei genitori influenza la propensione alla lettura dei figli: la quota dei figli che ha letto almeno un libro è pari al 55,1 per cento e cresce fino al 72,7, qualora almeno un genitore risulti laureato. Il valore si dimezza tra i figli con genitori che possiedono al massimo la licenza elementare". Vediamola a seconda della professione dei genitori: "Legge il 70,7 per cento dei ragazzi che vivono in famiglie nelle quali il capofamiglia è dirigente, imprenditore o libero professionista, mentre nelle familie operaie la quota di figli lettori si attesta al 45,7 per cento".

La scuola italiana non è in grado di appianare queste differenze d'origine perché presenta gravi carenze strutturali. L'Istat le esamina in modo impietoso, anche alla luce del confronto internazionale. Intanto la scuola italiana "si distingue negativamente nel contesto europeo per la quota di early school leavers (giovani di 18-24 anni che hanno abbandonato gli studi senza aver conseguito un diploma di scuola superiore) pari al 19,2 per cento nel 2009, oltre quattro punti percentuali in più della media Ue e nove punti al di sopra del valore fissato dalla strategia di Lisbona". L'abbandono scolastico ha percentuali più alte nel Mezzogiorno.

Quanto ai contenuti, "secondo l'indagine Pisa promossa dall'Ocse, il punteggio medio degli studenti italiani 15enni nelle competenze in lettura è inferiore di 23 punti alla media internazionale (469 contro 492)". Gli studenti italiani risultano sempre inferiori al valori medi Ocse anche per le competenze in matematica e scienze. Risultiamo molto indietro rispetto agli altri Paesi anche per numero di laureati: "Nel 2007 hanno conseguito un titolo terziario circa 60 persone (di qualsiasi età) ogni mille giovani in età 20-29 anni, a fronte di un valore pari a 77 in Francia e valori superiori a 80 nel Regno Unito e in Danimarca".

Il gap prosegue anche per gli adulti: "L'Italia registra uno dei tassi di partecipazione alla formazione continua degli adulti tra i più bassi in Europa: nel corso del 2005 soltanto il 22,2 per cento dei 25-64enni ha effettuato almeno un'attività di studio e/o di formazione, contro una media europea del 36 per cento". Pochissime imprese svolgono formazione: lo fa solo il 25,6 per cento delle aziende con 10-19 addetti, ma il 96,7 per cento di quelle con mille addetti e più (che però in Italia esistono in numero limitatissimo).

Gli effetti di una scuola carente si fanno sentire anche nell'età adulta: "Nel 2003 quasi metà dei 16-65enni consegue il punteggio più basso nelle capacità letterarie e circa il 70 per cento presenta allo stesso tempo anche bassi livelli di comptenza numerica e documentaria". Ma forse non è solo per questo che il 20,2 per cento degli italiani è sottoinquadrato, percentuale che sale molto tra i lavoratori atipici. Sono sottoinquadrati infatti il 46,9 per cento degli occupati a termine, il 40,1 per cento di quelli in part time e il 30,5 per cento dei lavoratori con rapporti di collaborazione")

domenica 23 maggio 2010

I fatti prima delle parole (specie se di troppo): il vero antiberl. che non paga



Bersani: "La Gelmini ha rotto i coglioni".

Ciò che va detto in primis, è che l'opposizione alla Gelmini (e in generale) si fa con contenuti concreti e soprattutto con ATTI concreti, certamente non con la sparizione dei propri parlamentari ogni qualvolta si vota sugli argomenti strategici (giustizia, televisioni, fisco). Perchè in questo modo, se non lo avessero capito, si cede il controllo dei media, si favoriscono i disonesti (cioè loro) si perdono le elezioni e ci rimettono, tra i tanti, quegli stessi insegnanti che Bersani lodava nel discorso dicendo che la Gelmini gli rompe i c........
Forse qualcuno dirà che proprio dall'Italia dei Valori non possono arrivare lezioni di pacatezza. Tuttavia, essere duri, schietti, non saperne di politichese è un conto, cadere nello stile è altro. Ma offrire il fianco ad obiezioni di educazione a questi governanti è davvero il colmo, specialmente quando, purtroppo, molti dei problemi della Scuola e dell'Università sono stati preparati anche dal centrosinistra.
Il discorso di Bersani era del tutto condivisibile. Il discorso; come tanti altri "discorsi". Tuttavia si ha la concreta percezione di un leader con alle spalle un partito privo di una reale volontà di alternativa, che alle parole, troppe volte fa seguire fatti opposti. Forse è una certa frustrazione che porta a simili uscite. Basti pensare all'ultima polemica sui crediti formativi per l'ora di Religione. La Gelmini ha esultato per via di una sentenza del Consiglio di Stato che applica un provvedimento di FIORONI, bocciato in precedenza dal Tar del Lazio. (http://www.repubblica.it/scuola/2010/05/10/news/ora_di_religione_nel_credito_gelmini_esulta_per_la_sentenza-3972199/)
Un ministro che, come tanti altri, troppo spesso si dimenticava di essere dalla parte opposta.

Insomma, se alle parole seguissero i fatti, l'uscita di Bersani sarebbe un incidente di stile, un'esagerazione comprensibile "Una Tantum". Così è semplicemente inaccettabile e deleteria. Il vero antiberlusconismo che non paga, è proprio questo.

http://www.repubblica.it/politica/2010/05/22/news/bersani_su_gelmini-4260427/

sabato 8 maggio 2010

Casa Pound in piazza a Roma e la sinistra riesce a dividersi


Ci si può dividere a sinistra anche sull'antifascismo?
Pare di si. Il messaggio che hanno lanciato alcuni noti esponenti del centrosinistra politico e culturale, tra cui Paola Concia, Rita Bernardini e Piero Sansonetti, è proprio questo: “Casa Pound manifesta e la sinistra si divide”, come ha titolato Repubblica (http://www.repubblica.it/politica/2010/05/06/news/manifestazioni-ottobre-3864314/).
Venerdì 7 maggio a Roma Blocco Studentesco (studenti di Casa Pound) scendeva in piazza per il tanto atteso sit in
in sostegno dei candidati alle prossime elezioni del CNSU (Consiglio nazionale degli studenti universitari). Dopo diversi giorni di tensione, che hanno portato anche ad alcuni scontri, gli esponenti del “Blocco” hanno trovato un compromesso con la questura, che ne ha vietato il corteo consentendone invece la manifestazione statica.

La FGCI, che aveva già lanciato un appello per la non ammissibilità del “Blocco” alla tornata elettorale, sottoscritto da tutte le giovanili del centrosinistra, ha organizzato insieme a diverse associazioni una grande manifestazione di protesta in Piazza SS. Apostoli.
Ecco venir fuori, poco prima della manifestazione un articolo sul sito di “Blocco Studentesco” in cui si parla di “appello della sinistra”, http://www.bloccostudentesco.org/index.php?option=com_content&view=article&id=166:manifestare-e-un-diritto-anche-per-il-blocco-lappello-della-sinistra&catid=43:news&Itemid=75:
“Il diritto di manifestare liberamente e pacificamente è una pietra angolare della democrazia: deve essere difeso e garantito sempre, indipendentemente dal giudizio che si dà sui contenuti o sui promotori delle singole manifestazioni.
Pertanto riteniamo grave e ingiustificato l’aver vietato il corteo del Blocco studentesco del 7 maggio, nonostante la distanza che ci separa da quella organizzazione e chiediamo che quel divieto venga tempestivamente revocato”.

Corretto quanto astratto. Per quanto si possa pensare del Blocco, nessuno, in linea di principio, potrebbe impedirgli di manifestare, se solo non fosse una organizzazione palesemente ed esplicitamente fascista ((http://www.casapound.org/), per cui nessuno ha bisogno di verificare in piazza “saluti romani” o quant'altro. Si tratta di un problema di legalità, del rispetto dei principi costituzionali e della reale applicazione delle leggi “Scelba” e “Mancino”, ed è una delle questioni più annose del diritto italiano.

La libertà di espressione è tale solo se si rispetta un insieme di norme e principi fondamentali su cui sceglie di regolarsi una democrazia. Tra di essi, vi è appunto il valore dell'antifascismo.

Da un punto di vista politico e mediatico, tuttavia, è veramente incredibile il fatto che un centro sinistra, già politicamente allo sbando su idee, contenuti e identità, sia riuscito ad apparire diviso anche su questo tema. Cosa ancora più grave, si è offerto sul piatto d'argento un pretesto di legittimazione a gruppi che non aspettano altro e sono realmente pericolosi, specie nel mondo universitario, dove si costruisce, nel bene e nel male, la cultura e il senso civico. Non vedo altra ragione, se non il fatto di andar contro una certa sinistra definita “estrema”, che possa giustificare la presa di posizione dei firmatari dell'appello. In ogni caso, hanno perso una buona occasione per tacere.

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