giovedì 29 novembre 2012

Davide: l'omofobia che uccide senza colpevoli. Anche chi non è gay

La vicenda di Davide è particolare. In questi giorni si è levato un coro senza precedenti dalle piazze ai social network  contro quello che è passato subito come un caso di suicidio per omofobia. Da questo punto di vista, la reazione di studenti e società civile, specie nella manifestazione di sabato, è stata straordinaria, con migliaia di ragazzi che hanno ricordato il “ragazzo con i pantaloni rosa” vestendosi dello stesso colore e cambiando in massa la propria immagine del profilo sui social network. Non si ricorda un corteo per la Scuola così sensibile a queste tematiche. Nessuno però si è preoccupato del dramma dei compagni di classe, con i quali Gaynet ha avuto modo di parlare in questi giorni. Le loro testimonianza possono aiutarci a portare la questione su un piano diverso, spesso inesplorato.

“Davide non era gay ed era ben voluto dalla classe”, dicono. Qualcuno però, anche fuori dalle mura dell’aula, lo insultava con apellativi quali “frocio” e “checca”.  Anche se questi appellativi gli fossero stati rivolti dagli amici più stretti, è chiaro che i ragazzi scherzavano con lui in maniera  ”affettuosa”.Lo volevano bene, questo è evidente. Di vero c’è che Davide vestiva in maniera “strana”, al di fuori dei luoghi comuni, con smalto e vestiti  sgargianti. Ma di chi è la colpa? di chi a 15 anni ha detto anche una sola volta “frocio” al compagno effeminato? o di un Paese in cui l’educazione sessuale e la cultura del pluralismo sono un tabù istituzionale? di un Paese dove non si riesce ad approvare una legge contro l’omofobia? di un Paese dove girano tranquillamente gruppi neofascisti?  La verità è che questo Paese non fornisce gli strumenti per comprendere ciò che comunemente viene chiamato “diversità” e che in realtà va chiamato libertà e pluralità dell’essere umano.


martedì 27 novembre 2012

LA REALTA' ENTRA NEI PALAZZI. ACCOGLIAMO LA SFIDA.


La voce di Adele Marri è quella di migliaia di studenti ed arriva all'Università di Parma irrompendo in una di quelle cerimonie ormai troppo autoreferenziali e anancronistiche, blindate dalla polizia. I "baroni" che voleva combattere la Gelmini sono in realtà i primi beneficiari di della legge che porta il nome dell'ex ministro e che grazie alla proroga di Profumo stanno concludendo il proprio mandato con l'attuazione di statuti d'Ateneo ultraaziandalistici, che promuovono una verticalizzazione del potere che nemmeno i promotori della riforma forse si immaginavano. Nell'Università c'è un'emergenza di risorse ma anche e sopratutto un emergenza di Governance e gestione del potere. Decide tutto una ristretta cerchia di ordinari. In questi giorni stiamo seguendo i casi di Messina e Catania.

A Torino, invece, la mobilitazione studentesca ha portato uno studente a presiedere la commissione didattica del Senato accademico, grazie al sostegno congiunto dei ricercatori precari e strutturati.  E' necessario sostenere con ogni mezzo tutti coloro che si battono per il ruolo unico della docenza e per il ripristino della collegialità negli Atenei.
Il movimento di quest'autunno sta dettando delle priorità alle quali la politica non può restare sorda. Dalla TAV all'ILVA si tratta di denunce che vanno affrontate con la freddezza e il coraggio di cambiare radicalmente le cose. La verità è che abbiamo bisogno di un modello di sviluppo diverso, di una grande stagione di riconversione industriale, di insegnare alle nostre imprese a crescere, innovare e a fare rete tra loro, di indicare i settori strategici su cui investire.

 Abbiamo bisogno di una pubblica amministrazione e di una spesa pubblica che abbia come parametro il benessere dei cittadini e non lo spread, che sia efficiente e non sia una cloaca di trombati politici. La sfida non è facile, ma accoglierla con serietà segnerà lo spartiacque tra la politica che entrerà nella terza repubblica e quella che verrà messa in soffitta.

venerdì 23 novembre 2012

ECCO COSA PENSO DI IDV, ORA.













Sono del parere che se credi in qualcosa e lo senti tuo, ti batti fino in fondo per cambiarlo. Ci entri dentro.  

Ero uno studente di filosofia, senza nessun amico o parente in politica, che mandava mail di 5 pagine ai deputati IDV e non solo su come dovessero funzionare la Scuola e l'Università. Qualche idea, poca esperienza, pragmaticità zero. Di quelle mail da cestinare. Poi una volta ho chiesto di collaborare. Da lì ho iniziato tramite i contatti locali, a Pisa, ho imparato e studiato con umiltà e adesso dopo quattro anni di fatica e passione, ho contribuito ad approfondire e scrivere le pagine del programma IDV sull'Università. Ammetto che a volte è stato davvero difficile. Ma credo che in nessun altro partito avrei fatto quello che sono riuscito a fare qui. Qualcosa che mi sembrava fantascientifico, tanto quanto oggi sembra fantascientifico per alcuni cambiare il partito. 

E non ho fatto il cagnolino buono come pensa qualcuno. Ero il primo che sin dal congresso giovani del 2010 voleva una grande assemblea dei giovani, proprio per fare un pò di sano "casino", quel casino che a volte fa paura ai partiti. Ma chi aveva il compito di decidere temeva gli "sfogatoi". La sfida che lancio a tutti è quella di prendere sul serio, alla lettera, Antonio Di Pietro, quando dice "i giovani ci dicano cosa fare".  Io ho fatto così. Il problema sono i tempi, la dura realtà. 

Io voglio cambiare il partito ma adesso credo che dobbiamo chiudere il cerchio di 5 anni di lavoro. Non ha importanza il passo indietro o di lato di Antonio Di Pietro, nè se IDV vada nel centrosinistra oppure lanci una realtà nuova più ampia. Gli errori  interni non vanno confusi con la tesi di un fallimento politico nelle scelte e nei contenuti. L'obiettivo immediato deve essere valorizzare la militanze sui territori,  valorizzare i nostri contenuti  parlando del mondo reale e, sopratutto, vigilare tutti sulla selezione della classe dirigente, attraverso il metodo delle candidature online e non solo.

Il partito io voglio cambiarlo davvero, perchè era già arrivato il momento, prima degli scandali, di dar vita ad un percorso naturale di apertura e collegialità. 
Ma non voglio dare in pasto ai nostri detrattori l'immagine del fallimento del fallimento di un intero partito e della sua linea politica,  barattandola con un finto cambiamento prima delle elezioni.  Cambiare veramente, rinnovare davvero, a tutti i livelli si può, a partire dalle persone così come dalla distribuzione delle risorse, da una trasparenza a tutti i livelli e dallo status dei circoli di base. Ma prima io voglio combattere per portare dentro il Parlamento un'esperienza politica che merita e di cui abbiamo bisogno. 

Siamo stati l'unica dura opposizione in parlamento sollevando temi e problemi che vanno nettamente al di là di Berlusconi. Sappiamo dove mettere le mani per opporci a certi gruppi di interesse e questo fa paura. La selezione della classe dirigente e la gestione del partito ci hanno penalizzato enormemente. Ma la nostra politica funziona. Lo dimostrano diversi fatti. Dai referendum dello scorso anno, alle ultime battaglie sulla Scuola. Abbiamo sollevato l'assurdità della legge Aprea in parlamento e adesso un intero movimento sociale si sta battendo per  bloccarla. 

Siamo gli unici che riusciamo a parlare di merito senza retorica, di tutela della concorrenza senza liberismo, di riforma della PA senza tagli lineari, di reddito minimo garantito nel quadro di una grande riforma del lavoro. La nostra prassi politica è per natura oltre le vecchie ideologie e ha nelle sue corde la potenzialità di crescere e interpretare nuove correnti del pensiero politico contemporaneo, come la teoria delle capacità, la biopolitica e il pragmatismo americano, così come di recuperare gli esempi storici che ci sono più vicini per DNA, come Carlo Rosselli, l'azionismo di Pietro Nenni e le mani pulite di Sandro Pertini. 

Io voglio esserci. In quello che IDV sarà per le elezioni e in quello che sarà dopo. Voglio essere in un progetto politico che cercherà di interpretare un elettorato, un popolo che esiste, che non è legato a Berlusconi ed è altro anche rispetto al centrosinistra di oggi, che si riconosce nella legalità, nei diritti, nella politica innovativa e competente, nella protesta che propone. Donne e uomini che quando sentono "tanto in Italia è così" si indignano ancora.









martedì 20 novembre 2012

Il tempo dei partigiani è appena cominciato


Io non mi sento parte del "centrosinistra" di queste ore. Il mio voto alle primarie sarà solo un segnale contro il Monti-bis. Io mi sento parte di un area, di un elettorato, di un popolo che prescinde da nomi e partiti.   Donne e uomini che non si sono ritrovati solo per combattere Berlusconi e che hanno sviluppato una sensibilità, delle idee e dei metodi di fare politica che vanno al di là delle vecchie ideologie e che oggi hanno la capacità di saper affrontare i vecchi e i nuovi problemi dell'Italia.

Non si tratta solo del popolo di IDV. Si tratta di un popolo che oggi è sfiduciato e che per lo più non vota. Sono tutti quelli che hanno seguito iniziato seguendo i girotondi, che hanno sempre combattuto contro corruzione, oligopoli e conflitti di interesse, che hanno lottato per i diritti civili e che hanno alzato in mano le agende rosse. Tra di loro è nato anche un modo di pensare l'ambiente, lo sviluppo e i diritti dei lavoratori. Un modo nuovo di vedere la politica e la consapevolezza che il mondo sta cambiando ad una rapidità inimmaginabile, chiedendoci uno sforzo per interpretarlo con nuovi orizzonti di pensiero.  La consapevolezza, inoltre, che  lo sviluppo e il riscatto di un Paese non possono essere scissi dalla chiarezza sul proprio passato di stragi e delitti,  per quanto doloroso  possa essere.

Bisogna porsi delle domande. Questo centrosinistra chi rappresenta? rappresenta tutti quelli che hanno fischiato Monti all'insospettabile Bocconi? rappresenta coloro che hanno fischiato Ornaghi e Profumo alla giornata della Cultura organizzata dal Sole24ore alla presenza di Napolitano? Rappresenta la metà dei siciliani che non è andata a votare e l'altro 40% che ha sostenuto Crocetta ma non il PD? Rappresenta gli studenti picchiati in piazza che protestano contro la privatizzazione della Scuola?

Siamo e siamo stati i partigiani del terzo millennio, contro il berlusconismo, e abbiamo il dovere di portare avanti una proposta costituzionale di riforma interna ai partiti, perchè siano democratici per legge. Ma non solo.

Adesso, subito, in queste ore, abbiamo prima di tutto il dovere di riportare la gente a far politica, di capire come si coniuga la rete e il territorio, la trasparenza del web, la democrazia e la politica competente. E' un terreno di dibattito nuovo, del tutto aperto, che si sta evolvendo quasi ogni giorno. E in tutto questo abbiamo di fronte prima ancora la sfida del montismo che continua a vessare i più deboli e a corrodere i diritti senza soluzione strutturale alcuna, con il solo merito di aver tolto di mezzo un governo di saltimbanchi, senza però scalfire il berlusconismo dilagante.

Di fronte a tutto questo io credo che abbiamo gli strumenti per farcela, non importa sotto quale nome o vessillo e credo che la terza repubblica abbia bisogno di noi.  Mentre qualcuno occupava le prime pagine con prostitute e festini c'erano persone che lavoravano alla proposta e all'alternativa, persone che hanno imparato a fare politica.  Una politica che si fa umile, studia e dialoga continuamente con il mondo, che sta immaginando un patto nuovo tra giustizia sociale, sviluppo e mondo globale.

L'Italia ha problemi radicali da risolvere, antichi quanto la sua storia, e ancor prima la crisi dei diritti, dei giovani, della disoccupazione, delle PMI, della politica industriale. In uno scenario diviso tra una classe politica reduce in gran parte da un ventennio di disastri e tra chi si propone di portare avanti una protesta sacrosanta e dirompente, noi possiamo essere quel popolo di persone capaci, democratiche e determinate a voltare pagina,  che hanno il dovere di stare a fianco di chi sta insorgendo per  costruire un'altro Paese.

mercoledì 14 novembre 2012

Quanta amarezza. Ricominciamo a pensare la politica.

Quanta amarezza.  Serve a ben poco sottilizzare sul violento e sul non violento o sul manganello più o meno facile. La verità è che impedire ai manifestanti qualunque accesso alle istituzioni è un modo intollerabile di chiudersi a riccio da parte delle istituzioni, che può solo generare scontri.  La verità è che i giovani di questo Paese non vedono futuro, che la scuola è considerata una voce di spesa così come il welfare. Se ti avvicini ad un poliziotto, dopo gli scontri, ti confida che ha anche lui 3 figli disoccupati. E allora si comprende l'assurdità di tutto questo e quelle botte sotto i tuoi occhi sono ancora più amare. La libertà di manifestare è già violata quando a spingerti è  l'angoscia e ti senti una pedina mossa contro altre pedine. E' ill fallimento dello stato sociale e di diritto. Detto questo c'è chi si è accanito sui manifestanti, per cui va ripresa subito la battaglia per l' identificabilità deii poliziotti e va promosso anche un'intervento parlamentare.. Ma bisogna identificare bene anche le cause di tutto questo, che non stanno certo nel campo di battaglia.

Stanno nell'insufficienza della politica, un insufficienza delle persone, delle scelte e del pensiero. Bisogna ricominciare a pensare. Ci serve un'altra idea di individuo, non più quella astratta della tradizione illuminista-liberale, ne tantomeno quella collettiva della tradizione marxista. Chi manifestava oggi non era un gruppo di singoli che andavano semplicemente a rivendicare la libertà di espressione scritta nelle carte, nè un collettivo impazzito che vuole sconvolgere il sistema. Erano persone che come ognuno di noi si stanno formando in una comunità e si stanno vedendo negata la possibilità di diventare sè stesse, chi con il proprio genio, chi con la propria ordinarietà. E' questo ciò di cui abbiamo bisogno. Una politica che pensi all'individuo come qualcosa inserito a prescindere in un sistema di relazioni, che va seguito in tutte le fasi della sua vita. I cui diritti si devono misurare non solo sulle carta ma sulla possibilità di ciascuno di poter esprimere il proprio potenziale.

Credo che nella domanda di giustizia sociale che si è levata oggi da tutta Europa ci sia una grande richiesta di dare senso alla politica. I cittadini prima della finanza, le persone prima del debito. Non sono solo slogan. Oggi la politica può è deve gestire fenomeni di enorme portata. Dietro quegli slogan si cela la richiesta di una politica forte e coraggiosa come non mai, che si renda conto dei cambiamenti epocali e si assuma la responsabilità di governare gli eventi e i fatti umani risolvendo questioni che non si erano mai poste. E questo vuol dire via subito al modello intergovernativo, creazione di uno Stato Europeo reale,  riforma del sistema bancario, regole al mercato finanziario internazionale, regole internazionali sui brevetti farmaceutici e alimentari,  politica energetica a impatto zero, riconversione industriale, welfare universale, sostegno all'economia reale dei territori che crea impresa e occupazione, ivestimento nell'innovazione e nelle risorse umane. Ma sopratutto, l'idea che il confine tra naturale e artificale, politico e non politico,  sia ormai un ricordo e che bisogna difendere l'essere umano, attivamente, durante tutto l'arco della vita.

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