lunedì 28 giugno 2010

Tra il dire e il fare...Il complesso di superiorità del pastorale.


Un'indagine contro la pedofilia porta alla confessione di un individuo a capo di un'importante gruppo culturale. Dopo di essa si presentano a cascata numerose rivelazioni, che costringono tante altre persone a confessare. Le autorità sono decise a far chiarezza, per deontologia professionale e per il fatto che ci sono di mezzo abusi commessi ripetutamente e in modo diffuso su dei bambini. Così iniziano una serie di perquisizioni e di interrogatori senza sconti, esattamente come si fa con i criminali. Chiunque, persino il Papa, in Italia si esprimerebbe per la ferma condanna dei fatti e per l'assoluto sostegno alle forze dell'ordine.

Adesso sostituiamo questo individuo con il Vescovo belga Roger Vangheluwe e il gruppo culturale con la Chiesa Cattolica belga. L'unica differenza, a mio avviso, è che in questo caso esiste una persona, Bertone, che ha il coraggio di dare dei sovietici a coloro che indagano senza guardare realmente in faccia nessuno, mentre un'altra, il Papa, afferma “auspico che la giustizia sui casi di pedofilia in Belgio faccia il suo corso, ma nel rispetto della reciproca specificità e autonomia della Chiesa".

Cosa significa? Che nel rispetto della specifica autonomia devono dargli il tempo di occultare le prove? E' chiaro quanto sia delicata un'indagine del genere, dove sono in gioco materiale digitale e prove di diverso tipo e dove la tempestività di certe azioni gioca un ruolo chiave. Non si può dire che perchè sono vescovi hanno diritto ad una telefonata che li avverta “stiamo venendo a perquisire” o hanno lo sconto di 2 ore di interrogatorio. Più che altro osserverei che, in virtù di quello che rappresentano, dovrebbero essere loro a correre dalle autorità.

Il linea di principio, quello che è lontanissimo dalla nostra mentalità e dal nostro modo di intendere la giustizia, è che il Vescovo belga e Stefano Cucchi, per farla proprio lampante, hanno gli stessi obblighi di fronte alla giustizia. Sembra che l'opinione pubblica belga, sia pienamente dalla parte delle autorità: come scrive Vania Lucia Galto sul fattoquotidiano.it “cattolici sì, ma privilegi agli ecclesiastici no. Il Belgio vuole chiarezza e giustizia, e deve essere la magistratura a farsene carico, non la Chiesa”.

Noi in Italia, invece, in modo molto vicino a quanto detto prima neanche troppo per scherzo sulla telefonata “pre-perquisizione”, stabiliamo che gli ecclesiastici non possono nemmeno essere intercettati, se non previa comunicazione alla rispettiva autorità o alla segreteria di stato vaticana. Il che è come non intercettarli. Ddl intercettazioni (1611), articolo 24, comma 2: “Quando l’azione penale è esercitata nei confronti di un ecclesiastico o di un religioso del culto cattolico, l’informazione è inviata all’autorità ecclesiastica”.

Saranno pure legati allo Stato vaticano, ci sarà anche un concordato, ma la legge, sul territorio italiano, è uguale per tutti o no? Pur tirando fuori tutte le giustificazione e la carte che si vogliano, la risposta attuale a questa domanda circa il clero è un sonoro “no”. E certamente non solo per questo, ma per una serie infinita di questioni, a cominciare dai privilegi fiscali.

Se non superiamo questo problema, che viene denunciato in Italia, mutatis mutandis, dai tempi di Machiavelli, tanti andranno avanti e noi resteremo sempre a guardarci attoniti con una sorta di atavico complesso di inferiorità, che definirei “civile”, ogniqualvolta vediamo un pastorale o una tonaca addosso ad una persona.

http://www.tgcom.mediaset.it/mondo/articoli/articolo485021.shtml

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