mercoledì 19 gennaio 2011

Il LINGUAGGIO DELLA BIOETICA, UN CROCEVIA PER LA LAICITA'


Il prossimo 31 Gennaio, il Dipartimento Sanità e Salute di Italia dei Valori, insieme alla Consulta di Bioetica Onlus e al centro studi Politeia, promuove il dibattito, “Quale terminologia per la Bioetica? Un dizionario per la Politica” presso, Palazzo Marini, ore 14.00, Sala delle colonne, Roma. Parteciperanno alcuni tra i più noti studiosi italiani dell'argomento, tra cui Stefano Rodotà, Maurizio Mori, Eugenio Lecaldano, Carlo Flamigni, oltre che esponenti del mondo politico appartenenti a diversi schieramenti, come l'On. Palagiano, l'On. Della Vedova e il Sen. Marino.


L'obiettivo dell'iniziativa è la chiarificazione del linguaggio e della terminologia utilizzate dalla politica in merito ai cosiddetti temi etici. Si tratta, purtroppo, di smascherare un vergognoso gioco demagogico che fa leva in modo strumentale sulle paure e sugli istinti più profondi dell'individuo, che il più delle volte non ha gli strumenti cognitivi per difendersi dalla mistificazione di argomenti così complessi. Senza la minima delicatezza per i drammi personali e familiari che queste vicende comportano, sentiamo ormai parlare a ruota libera di vita, omicidio, abbandono di disabile, morte di fame e di sete, crudeltà, e abbiamo assistito negli anni a fenomeni di vera e propria gogna mediatica nei confronti di personaggi come Piergiorgio Welby e Beppino Englaro, che altra colpa non hanno se non quella di aver lottato entrambi per il principio di autodeterminazione del paziente e per la libertà di scelta sul proprio corpo, fondata sugli articoli 3, 13 e 32 della Costituzione.

Una delle cause di questo fenomeno, la più importante, risiede sicuramente nel fatto che in Italia una determinata area culturale, strettamente legata al potere politico e supportata dai media, ha scelto di difendere a spada tratta un'ideologia di carattere confessionale e a tratti integralista, senza tener minimamente conto di un panorama medico-scientifico mutato più negli ultimi 40-50 anni che nell'intera storia della medicina, e facendone, cosa ancora più grave, una rinnovata e potentissima arma di persuasione.

Assistiamo ormai regolarmente a esperti, prelati e opinionisti che travisano ad arte il significato dei termini al di là di ogni riferimento e fondatezza scientifica. La “difesa della vita”, come se qualcuno dall'altra parte fosse “per la morte”, ed è ormai diventata un leitmotiv consolidato da parte di gruppi di interesse molto influenti in Italia, che fanno della potenza mediatica di certe immagini retoriche un arma di potere e di consenso a livello politico.

Negli ultimi anni, la bioetica è entrata nell'agenda politica, è questo ha determinato una contrapposizione sempre più aspra e frontale tra laici e cattolici, i due presunti schieramenti che secondo i media riassumerebbero le posizioni in gioco. In realtà, siamo di fronte ad un'immagine ampiamente distorta; se il fronte “laico” spesso non riesce a trovare uniformità d'azione, specie sul piano politico, non esiste concordia nemmeno all'interno della Chiesa cattolica, né tantomeno, cosa più importante, su come comportarsi nei confronti della politica. La Chiesa tedesca, ad esempio, si pone su posizioni diverse rispetto a quella romana, avendo predisposto già nel 2003 un modello di testamento biologico per il cristiano e, sopratutto, avendo favorito il dibattito in Germania sull'argomento, senza entrare nel merito delle scelte fatte poi in termini legislativi dal Governo tedesco. Per non parlare della galassia di chiese e comunità cristiane ed evangeliche che hanno assunto posizioni lontane da quelle vaticane, insieme ad eminenti personalità della cultura internazionale come il teologo Hans Kung.

Tuttavia, senza entrare nel merito delle dottrine, è chiaro che il dibattito italiano ha assunto toni inaccettabili e non possiamo più lasciare che un pensiero di carattere ideologico e confessionale continui a condizionare in modo così pesante la politica italiana, come troppe volte è successo; basti citare, tra gli ultimi episodi, l'appello del cardinale Bagnasco, a pochi giorni dalle elezioni regionali del Lazio, a votare “per la vita e contro l'aborto”, o l'assurda indizione per il 9 febbraio prossimo della “giornata degli stati vegetativi permamenti”, che vorrebbe inculcare negli italiani l'idea che i magistrati hanno voluto la morte di Eluana Englaro. L'idea del Governo, inoltre, di riprendere prossimamente il ddl calabrò sul testamento biologico, di impostazione chiaramente cattolica, è palesemente funzionale al semplice scopo di recuperare consensi presso i centristi e di spaccare il fronte dei i finiani, come ha denunciato anche Famiglia Cristiana.

Al di là delle divisione del “fronte ideologico”, è necessario pensare in modo concreto alla costruzione di un fronte laico, trasversale, che possa attuare finalmente quei valori di laicità e libertà garantiti dalla costituzione. E' necessario, sopratutto, far passare nel tempo l'idea che laicità non significa relativismo e immoralità. Abbiamo bisogno di una cultura dell'etica e dell'educazione fondata su valori pubblici e condivisi, nella migliore tradizione dei documenti internazionali sui diritti umani, che possa chiaramente mostrare di non essere quello che non è, ossia l'anticamera del relativismo, come spesso viene additato ogni tentativo di emancipazione dal confessionalismo dominante nel nostro Paese.

Infine, bisogna ribadire che questi sono temi che riguardano nel modo più intimo la salute e la libertà del cittadino, basti pensare alla possibilità di poter disporre del proprio corpo da parte della donna, alla libertà di scegliere a quali trattamenti medici sottoporsi anche in situazioni irreversibili di incoscienza, alla possibilità insomma di veder rispettate la propria sofferenza e le proprie idee sulla vita e sulla morte. Noi riteniamo che tali argomenti debbano essere affrontati a partire da un confronto serio con la comunità scientifica, giuridica e filosofica e per far questo è necessario iniziare a far luce sul significato dei termini in questione, troppo spesso ormai svilito dalla retorica degli slogan.

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