lunedì 10 gennaio 2011

L'educazione sessuale non è una minaccia alla libertà religiosa




Dall'educazione sessuale al “monopolio statale della scuola”. Questi sono i problemi della Chiesa di Ratzinger. Ma la “fede” e i credenti, sono sempre più lontani.

Anno nuovo Chiesa vecchia. Discorso di inizio anno al corpo diplomatico della Santa Sede. In due dei passaggi più importanti, Benedetto XVI dichiara che la libertà religiosa nella UE sarebbe minacciata dall'educazione sessuale che viene impartita in certi paesi.
“Non posso passare sotto silenzio un'altra minaccia alla libertà religiosa delle famiglie in alcuni Paesi europei, là dove è imposta la partecipazione a corsi di educazione sessuale o civile che trasmettono concezioni della persona e della vita presunte neutre, ma che in realtà riflettono un'antropologia contraria alla fede e alla retta ragione”.

Premesso lo sconcertante fardello storico che la chiesa cattolica si porta dietro in termini di negazione della libertà religiosa, fatto di secoli di crociate, violenze e inquisizione, ammettiamo pure che siano sufficienti il mea culpa di Giovanni Paolo II per i peccati della Chiesa Cattolica e, prima ancora, l'annunciata svolta del Concilio Vaticano II, rimasta purtroppo solo “annunciata”. Pur tralasciando il passato, le parole di Ratzinger sono una limpida manifestazione della volontà di una Chiesa premoderna, come più volte hanno affermato diverse personalità del cattolicesimo dissidente, come Hans Kung, e come si è visto di recente nel caso dei vescovi lefebvriani.

Venendo al punto; perchè l'educazione sessuale minaccia la libertà religiosa? Se la libertà religiosa dei cattolici deve fondarsi sull'inconsapevolezza della sessualità e dei suoi fenomeni o su una visione diversa di essa, non bastano forse le parrocchie e i catechismi a diffonderla? E, sopratutto, il fatto che la partecipazione sia “imposta”, è una cosa del tutto normale, se usassimo il termine “ordinaria” magari. Evidentemente a Ratzinger non sta bene che vi siano Paesi dove lo stato si occupi di educare attraverso la Scuola pubblica anche sui temi che riguardano l'etica, senza aver cura dell'insegnamento della religione cattolica, fornendo quindi non precetti, bensì informazioni e strumenti.

Tuttavia, la cosa più importante: libertà religiosa significa libertà di scegliere tra idee diverse: anche quando i contenuti trasmessi da questi corsi fossero contrari alla fede, è proprio lì che si esercita la libertà del singolo, quel libero arbitrio che fa parte della migliore tradizione teologica; tutt'altro è pretendere l'uniformità del pensiero. Che essi poi, siano contrari alla retta ragione, è un'affermazione degna del più classico stile inquisitorio, in quanto è necessario riconoscere che le strade della ragione non si trovano solo a San Pietro, ma esistono comunità scientifiche internazionali delle quali bisogna avere rispetto.

Meglio ancora, bisogna ricordargli che la ragione di Tommaso d'Aquino, e se vogliamo anche quella del razionalismo filosofico, sono meravigliose conquiste della filosofia così come la stampa di Gutemberg nell'ambito della tecnologia: a loro ogni onore, ma hanno semplicemente fatto il loro tempo. Infine, in modo molto più semplice, è necessario ricordare questo: l'educazione sessuale di cui parla il Papa è un fenomeno per sua definizione “educativo” e pubblico. Se il papa scendesse nel merito indicando un corso dove si insegna qualcosa di osceno ed indicibile sarebbe diverso, ma restando in un ambito generale, educare la cittadinanza cercando di livellare le differenze sociali è quanto dovrebbe fare un Paese democratico ed è anche quello che è scritto nella nostra Costituzione.

Nel concreto, un corso di educazione sessuale è uno strumento utilissimo affinchè, ad esempio, la figlia di un padre che non è ginecologo e magari non ha studiato ed è purtroppo abituato a trattare come tabù l'argomento, possa evitare di rimanere incinta a 13 anni. Questo fenomeno si è reso ad esempio preoccupante negli ultimi anni in particolar modo in Inghilterra, ma pensiamo anche a quale ruolo possa avere l'educazione sessuale nei paesi in via di sviluppo dilaniati dall'AIDS. In ultima analisi, se per la Chiesa Cattolica, la libertà del credo cattolico è minacciata da qualcosa che è sostanzialmente educazione e formazione, nel senso più illuministico del termine, per di più su fenomeni che riguardano strettamente la natura dell'uomo, allora il discorso è semplicemente inverso, è il credo cattolico che minaccia la democrazia. O, quantomeno, il credo secondo il magistero cattolico e la dottrina ufficiale della Chiesa Romana, ormai peraltro in conflitto con diversi episcopati europei, tra cui quello tedesco.

In un altro passo del discorso Ratzinger ha affermato:

“è preoccupante che il servizio che le comunità religiose offrono a tutta la società, in particolare per l'educazione delle giovani generazioni, sia compromesso o ostacolato da progetti di legge che rischiano di creare una sorta di monopolio statale in materia scolastica, come si constata ad esempio in certi Paesi dell'America Latina"
Riconoscere la libertà religiosa - ha detto il Papa durante l'udienza - significa anche garantire che le comunità religiose possano operare liberamente nella società, con iniziative nei settori sociale, caritativo od educativo. In ogni parte del mondo, d'altronde, si può constatare la fecondità delle opere della Chiesa cattolica in questi campi". "Esorto tutti i governi - ha aggiunto - a promuovere sistemi educativi che rispettino il diritto primordiale delle famiglie a decidere circa l'educazione dei figli e che si ispirino al principio di sussidiarietà, fondamentale per organizzare una società giusta".

Senza scendere nel merito della situazione dell'America Latina, dal calderone incredibile che si addensa in queste parole, bisogna scindere l'opera del missionario, che ha i suoi pregi, dalla rivendicazione della libertà educativa e da certi allarmismi. Credo che l'idea di “monopolio statale in materia scolastica” sia un concetto tanto assurdo quanto fuorviante. Il monopolio si ha di una merce e di un mercato. La cultura non è una merce. O forse per loro si, viste le rette delle scuole cattoliche in Italia. Ad ogni modo, andando con ordine, l'istruzione, quella pubblica, è un'istituzione, per cui è necessariamente statale. Sarebbe come parlare di monopolio del potere esecutivo. Ad essa spetta l'educazione della cittadinanza secondo i principi costituzionali.

Si tratta pertanto di un impostazione del problema macchiata da un pesante sofisma. Il discorso sulla libertà di insegnamento e la libertà religiosa va pertanto scisso dalla fantomatica invenzione del monopolio statale dell'insegnamento. Che oltre all'istruzione pubblica debba essere garantita la libertà religiosa e di insegnamento è chiaro, ma è essa non viene garantita salvaguardando LA Chiesa cattolica, bensì ogni tipo di insegnamento che sia in grado di guadagnarsi la fiducia degli utenti e, sopratutto, non comporti oneri per lo Stato (art. 33). E' proprio quel “monopolio statale” a garantire la libertà religiosa, perchè fa capo direttamente allo Stato, che in una democrazia è l'ente cui compete la dialettica tra le diverse parti sociali e la garanzia di ogni libertà attraverso le leggi. Inoltre, sentir dire che, in generale, tutti i governi devono rispettare la libertà delle famiglie nella scelta educativa e devono ispirarsi al principio di sussidiarietà e di giustizia sociale, ha realmente del tragicomico, se pensiamo alla situazione italiana.

E' pressoché inutile ricordare che nel nostro Paese le scuole cattoliche sono quasi sempre scuole d'èlite, con rette che nulla hanno a che vedere con la sussidiarietà, e inoltre, in barba alla giustizia sociale e agli insegnamenti evangelici, la CEI non fa altro che barattare da mesi un briciolo di silenzio in più sui disastri del governo e sugli scandali sessuali del Premier con il mantenimento forzato dei finanziamenti alle proprie scuole (e di altri privilegi), che sono la stragrande maggioranza delle scuole private (sempre per parlare di libertà religiosa, basta vedere la nota del ministero del tesoro del 2-11-2010). Costi quel che costi, anche che il figlio dell'operaio vada in prima elementare con 35 compagni di classe e una scuola pericolante, che gli insegnanti precari facciano la fame, che lo studio diventi un privilegio. Insomma, con tutto il rispetto, invece di pensare all'educazione sessuale, ai “monopoli” e ai massimi sistemi, Ratzinger ripassi il Vangelo: potrebbe sembrargli “relativista”.



http://www.repubblica.it/esteri/2011/01/10/news/papa_sicurezza_cristiani-11040589/?ref=HREC1-8

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