domenica 11 dicembre 2011

ICI - CHIESA: occhio ai compromessi



Il dibattito sulla mancata introduzione della nuova ICI (IMU) agli immobili di proprietà ecclesiastica nella manovra ha determinato finalmente in maniera consistente presso l'opinione pubblica il sollevarsi della questione. Bisogna tuttavia chiarire alcuni punti, perchè in questi frangenti, specie dopo le aperture della Santa Sede, è necessario mantenere la lucidità per affrontare i problemi in maniera efficace ed evitare soluzioni affrettate che vizino ancora di più il dibattito.

Come hanno specificato i radicali, nessuno vuole far pagare l'ICI a parrocchie e caritas, bensì a quella serie di immobili molto difficile da quantificare, che sono adibiti ad usi differenti dal culto.
La posta in gioco sembra essere variabile. L'ufficio studi dell'Anci ha calcolato qualche anno fa un gettito potenziale di 400-700 milioni di euro. L'associazione ricerca e sviluppo sociale (Ares) si è spinta fino ai 2,2 miliardi.

Queste oscillazioni dipendono dalla legislazione vigente. Il Dlgs n. 504/1992 istituì l'ICI normando anche le esenzioni ed escludendo gli immobili degli enti no-profit adibiti tuttavia a finalità commerciali. La finanziaria del 2006 estese poi l'esenzione anche per gli usi commerciali (secondo Gov. Berlusconi), mentre Il decreto-legge 233/2006 del Gov. Prodi limitò in seguito l'esenzione agli immobili ad uso “non esclusivamente commerciale”.

Per tanto, con questa locuzione tristemente compromissoria, la questione divenne di lana caprina, motivo per il quale anche la UE ha aperto un'inchiesta. Se un pensionato per studenti, una villa, una casa o qualunque altro immobile contengono un piccolo altare o una cappella, possono dichiararsi luoghi adibiti al culto a fini, per l'appunto, “non esclusivamente commerciali”.
Tutto questo avviene, inoltre, tramite autocertificazione e sui controlli, rarissimi, andrebbe aperto un capito a sé stante.
Avvenire e la stampa vaticana stanno prontamente replicando che la Chiesa paga il dovuto. Tuttavia, con questa legge, pochi sono gli edifici esclusivamente adibiti ad uso commerciale. Il problema è individuare una zona grigia costituita da immobili di vario genere, pensionati, alberghi, pizzerie, istituti per studenti con camere che si affittano anche a lavoratori e famiglie. Moltissime di queste attività fanno concorrenza sleale ai privati, che non hanno ovviamente simili esenzioni.

Feltri, sul Giornale, replica che si colpirebbero attività che tappano i buchi del welfare pubblico. Pensare di avere bisogno della Chiesa perchè siamo incapaci di garantire un welfare decente, rispondo io, significa autodefinirci un Paese medievale.
Detto questo, ribadiamo, bisogna tutelare le attività realmente non a scopo di lucro, e attuare un programma straordinario di controlli per accertare come vengono realmente utilizzati gli edifici e capire dove effettivamente esiste business.

Ma bisogna stare molto attenti alle parole, perchè potrebbe essere molto facile dire “La chiesa paghi l'IMU per gli edifici non adibiti al culto”. In questo modo, la questione potrebbe essere scaricata tutta sull'aspetto catastale, amministrativo e burocratico, senza modificare la legislazione vigente; si tratta a grandi linee della strada che si prospetta dopo l'apertura di Bertone. Si dovrebbe, in tal caso, oltre a ricalcolare il numero degli immobili in disuso posseduto dalla Chiesa (a prescindere), determinare dove non vi sia traccia di attività religiose; cosa molto rara. E a quel punto avrebbe in parte ragione Avvenire, che si riferisce ovviamente a quelle poche attività a fini “esclusivamente” commerciali che pagavano la vecchia ICI.

Ciò che bisogna chiedere con chiarezza, invece, è che L'IMU la paghino TUTTI gli edifici che producono business, qualora avessero ANCHE attività di culto. Questo perchè sappiamo bene che di altari e cappelle se ne trovano davvero in gran numero.
Il paradigma va dunque rovesciato: se un edificio ha una qualche funzione ulteriore al CULTO, deve pagare l'imposta. Tra dire quindi: "l'esenzione va mantenuta solo per quegli edifici adibiti al culto" e dire "L'esenzione va mantenuta per quegli edifici adibiti SOLO al culto", c'è una bella differenza e, naturalmente, va considerata la seconda opzione.

Rosario Coco
Resp. Naz. Scuola Università e Cultura Giovani IDV.

1 commento:

  1. SONO DUEMILA ANNI CHE DICONO BUGIE, FA PARTE DEL LORO CODICE GENETICO. LA STORIA C'INSEGNA QUANTO CI ABBIA GIOVATO QUELLA FAVOLA DI CRISTO: LEONE X (1513-21). I VESCOVI GUADAGNANO 13 MILA EURI IL MESE. ALLA FACCIA DELLA CRISTIANITA'.
    Se si rastrellassero ogni anno i 13 miliardi di euro che un sottogoverno confessionale continua a donare alla Città del Vaticano, sottraendoli con la menzogna dalle tasche della povera gente, se si recuperassero tutti gli introiti dell’ICI (il valore degli immobili vaticani ammonta per difetto a 30 miliardi di euro), la smetteremmo di parlare di debito pubblico (altra bufala) , di crisi delle pensioni, di tagli ai rinnovi contrattuali, alla sanità, alla scuola pubblica, all’arte, alla musica e allo spettacolo… Grazie a Berlusklaun il Vaticano, il più ricco Stato del Mondo, non paga più neppure l’ICI, i suoi monumenti privati sono ristrutturati con le tasse imposte ai lavoratori italiani, e gli istituti cattolici sono finanziati con i soldi di noi tutti, non con le offerte dei fedeli o delle aziende di Berlusconi, abbastanza ricche da permetterselo. Siamo il solo caso nel mondo in cui una popolazione multirazziale e multiconfessionale deve obbligatoriamente versare i propri contributi per farsi indottrinare. Atei, non credenti, agnostici, musulmani, ebrei, protestanti ed induisti, le cui tasse statali sono devolute molto benignamente ad una ideologia religiosa che li combatte accanitamente e che se potesse tornerebbe ad accendere nuovi roghi! È come se gli Italiani – il paragone non vi sembri forzato – fossero costretti a finanziare l’Iran per lasciarsi plagiare: è la stessa identica cosa, anche se sembra assurda. Ma come ha detto qualcuno: “Il Vaticano è uno stato! L’Italia no!”.
    DA: LA RELIGIONE CHE UCCIDE
    COME LA CHIESA DEVIA IL DESTINO DELL’UMANITÀ
    (Nexus Edizioni), giugno, 2010.
    517 pagine, 130 immagini, € 25

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