La vicenda di Davide è particolare. In questi giorni si è levato un
coro senza precedenti dalle piazze ai social network contro quello che è
passato subito come un caso di suicidio per omofobia. Da questo punto
di vista, la reazione di studenti e società civile, specie nella manifestazione di sabato, è stata straordinaria,
con migliaia di ragazzi che hanno ricordato il “ragazzo con i pantaloni
rosa” vestendosi dello stesso colore e cambiando in massa la propria
immagine del profilo sui social network. Non si ricorda un corteo per la
Scuola così sensibile a queste tematiche. Nessuno però si è preoccupato
del dramma dei compagni di classe, con i quali Gaynet
ha avuto modo di parlare in questi giorni. Le loro testimonianza possono
aiutarci a portare la questione su un piano diverso, spesso
inesplorato.
“Davide non era gay ed era ben voluto dalla classe”,
dicono. Qualcuno però, anche fuori dalle mura dell’aula, lo insultava
con apellativi quali “frocio” e “checca”. Anche se questi appellativi
gli fossero stati rivolti dagli amici più stretti, è chiaro che i
ragazzi scherzavano con lui in maniera ”affettuosa”.Lo volevano bene,
questo è evidente. Di vero c’è che Davide vestiva in maniera “strana”,
al di fuori dei luoghi comuni, con smalto e vestiti sgargianti. Ma di chi è la colpa?
di chi a 15 anni ha detto anche una sola volta “frocio” al compagno
effeminato? o di un Paese in cui l’educazione sessuale e la cultura del
pluralismo sono un tabù istituzionale? di un Paese dove non si riesce ad
approvare una legge contro l’omofobia? di un Paese dove girano
tranquillamente gruppi neofascisti? La verità è che questo Paese non
fornisce gli strumenti per comprendere ciò che comunemente viene
chiamato “diversità” e che in realtà va chiamato libertà e pluralità
dell’essere umano.
Tutti siamo stati instradati verso una cultura machista e omofoba nelle fondamenta, un background che avrebbe impedito a molti di noi di comprendere lo stato di sofferenza di Davide. “Ma allora Davide non era gay?” ”E che importa” risponderei. Era semplicemente fragile.
I diritti avanzano in tutto il mondo, da Obama a Hollande.
L’ostinatezza della cultura clericale italiana, arroccandosi su
posizioni medioevali, ha portato lo scontro ad un livello di tensione
tale che gli insulti omofobi sono stati sdoganati nel linguaggio più
comune portandosi dietro tutta la loro carica di negatività.
E’ per questo che l’omofobia può uccidere anche chi non è gay.
Può uccidere anche servendosi della semplice goliardia e dello scherzo
innocente che ci può essere in una classe di 15enni. Non sappiamo se ci
fosse un qualche bullo che perseguitasse Davide, ma non era certamente
tra i suoi compagni di classe che quel giorno erano in lacrime. Questa
storia insegna a lasciar perdere le etichette e guardare alla vicende
umane, alle persone.
Davide non era gay, era semplicemente nel pieno della sua fragilità e – sacrosanta – ambiguità adolescenziale.
Ad ucciderlo è stata una società che rifiuta ancora la pluralità di
espressioni della natura umana, una natura che rifiuta anche le rigide
etichette LGBTIQ, forse un pò da addetti ai lavori, e si esprime in mille sfumature di orientamento sessuale e identità di genere.
Pubblicato su www.gaynet.it
http://gaynet.it/davide-lomofobia-che-uccide-senza-colpevoli-anche-chi-non-e-gay/ .
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