martedì 23 aprile 2013

L'ITALIA AL TEMPO DEI SAGGI CHE IGNORAVANO LO SFREGIO ALLA CONOSCENZA















Due mesi di dibattito politico completamente in stallo hanno gettato nell'oblio più assoluto il dramma sempre irreparabile che stanno vivendo scuola, università e ricerca.
L'ultimo rapporto Eurostat relativo al 2011 ha certificato una triste ma purtroppo attesa realtà: non siamo più "tra ultimi" in spesa per l'istruzione in rapporto al PIL, come era emerso più volte dai dati OCSE; adesso siamo proprio fanalino di coda, ultima posizione in Europa. 

La cosa più grave è che nel documento dei saggi voluti da Giorgio Napolitano la Scuola, l'Università e la Ricerca, vengono appena citate come contorni quasi opzionali ad altri argomenti. 
La sola idea che circola in queste ore di riproporre Maria Stella Gelmini all'istruzione nell'ambito del governissimo, da l'idea della miopia dell'attuale classe politica su questi temi. 

Insieme ai precari della Scuola, gli studenti hanno condotto una battaglia eccezionale in questi mesi, dalle piazze d'autunno fino al blocco dell'ultimo decreto di Profumo in CNSU, l'organo di rappresentanza nazionale studentesca.



Riuscendo a far mancare il numero legale per il parere il decreto,  che abbassa le soglie di reddito per l'accesso alla borsa, riduce gli importi ai fuori sede e irrigidisce i parametri di merito indipendentemente dalla situazione economica, è stato ulteriormente rinviato all'esame della conferenza Stato Regioni. Una delle patate bollenti del prossimo governo sarà quindi accettare o meno la riduzione della platea che usufruisce alle borse di studio di circa 50.000 unità, insieme al problema ancora più grosso del rifinanziamento del fondo per il diritto allo studio, che il prossimo anno rischia di ammontare a soli 14 milioni contro i 160 già del tutto insufficienti di ques'tanno, cifre che lasciano 57.000 idonei non beneficiari nell'anno 2011/2012. 

Tutto questo nel paese con il minor numero di laureati in Europa, con un calo vertiginoso di immatricolazioni, con le tasse tra le più alte in assoluto e i servizi più scadenti per gli studenti. 

Poi abbiamo un'altro degl ultimi regali della gestione Profumo, il decreto "AVA" autovalutazione, valutazione, accreditamento, emanato lo scorso gennaio DM 47 del 30-01-2013, che introduce i parametri di "qualità" di un corso con criteri che mirano chiaramente a ridurre e a comprimere l'offerta didattica:  se consideriamo la diminuzione progressiva del numero dei docenti imposta dal decreto sul reclutamento della scorsa primavera, che impone un turn over del 10% alla maggior parte degli atenei per via di rigidi parametri di bilancio, andremo certamente incontro ad una riduzione dei corsi di lauree ad un uso massiccio del numero chiuso, perché per mantenere un certo numero di studenti e in generale un corso sarà necessario un certo numero di docenti. 

che si sta rivelando una vera espropria caporetto per l'Anvur, con decine di ricorsi al TAR e politiche tra la stessa Anvur e il ministero. 

Sul fronte scolastico, Profumo prosegue con l'INVALSI, ignorando le ragionevoli proposte di trasformarlo in una valutazione a campione e sancendo così il principio per cui i quiz divengono il principale parametro di valutazione nonché obiettivo di preparazione, anziché uno strumento per individuare le sacche di assenza di professionalità. Un conto è misurare l'acquisizione di nozioni, che costituisce solo un parametro della valutazione, un conto è valutare le condizioni di partenza dell'allievo, il contesto sociale, l'acquisizione di competenze, strumenti, motivazioni, capacità di ragionamento. 

Altro discorso è, infine, il fine politico della valutazione: tagliare o risanare? 

finora purtroppo la risposta sembra essere purtroppo sempre la prima. 
Se ha questo aggiungiamo temi incredibilmente trascurati come l'edilizia scolastica, con più di metà degli edifici scolastici al di fuori della normativa antisismica e sostanzialmente fatiscenti, ci accorgiamo che di quanto siano inutili anche certi proclami sulla scuola digitale, i libri elettronici e quan'altro. 

La Scuola, L'Università e la Ricerca hanno bisogno di interventi radicali, in primis il ripristino degli 8 miliardi  tagliati a partire nel 2008 e subito dopo una riforma della gestione dei poteri all'insegna della trasparenza e della collegialità. 
Qualcosa per cui, questo governissimo che nasce sotto l'insegna del fallimento totale della politica e del clamoroso Napolitano-bis non sembra volersi attrezzare più di tanto. 

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