martedì 16 ottobre 2012

DIRITTO ALLO STUDIO: 15.000 FIRME DA TUTTA ITALIA, I GIOVANI IDV BOCCIANO IL GOVERNO. IL 2 APRILE INCONTRO IDV

(Marzo 2012) Si è conclusa sabato scorso la campagna “No alle bombe sul diritto allo studio”, 15.000 firme raccolte in tutta Italia dai giovani IDV, 100 punti di raccolta realizzati, grazie ai tantissimi ragazzi impegnati nei varie regioni che hanno organizzato eventi pubblici sul territorio, hanno informato e hanno raccolto adesioni di giovani, adulti, anziani, dimostrando che le pari opportunità e il diritto allo studio sono un principio e una risorsa di tutti. Si tratta di un messaggio forte e chiaro a questo governo: l’accesso all’istruzione è un bene comune e deve essere finanziato come priorità per lo sviluppo del nostro Paese attraverso la riduzione delle spese militari. Lunedì prossimo 2 Aprile al convegno sulla Cultura “Facciamo lavorare la testa”, organizzato da IDV con lo stesso ministro, l'argomento sarà certamente sul tavolo . Successivamente, consegneremo inoltre le firme chiedendo che tutto il Governo si attivi per risolvere realmente un problema di risorse e di priorità che sta divenendo insostenibile e reperisca i 600 milioni di euro necessari annualmente per le borse di studio attraverso una riprogrammazione delle spese militari. La nostra richiesta giunge, inoltre, in un momento in cui l'attuale maggioranza politica si è letteralmente spaccata in commissione di fronte agli ultimi due decreti attuativi della Riforma Gelmini, con il PD che la scorsa settimana ha votato il parere contrario presentato proprio da IDV. Si tratta del decreto 436, recante disposizioni proprio in materia di diritto allo studio, e il decreto 437, che riguarda le politiche di bilancio e di reclutamento degli atenei. Con solo due voti di scarto è passato il parere presentato dal centrodestra, ma il risultato politico è senz'altro da sottolineare, ed è indicativo di come il grande fermento e la ferma consapevolezza che attraversa il mondo di Università e Ricerca possa e debba trovare delle risposte politiche realmente alternative rispetto al precedente Governo. Nonostante abbiamo più volte dimostrato di ritenere il diritto allo studio un punto nevralgico della nostra azione politica, la necessità del parere contrario presentato poi in commissione da Pierfelice Zazzera è nata dal fatto che questo decreto non fa altro che proseguire la scia Gelmini-Tremonti, aggravando una situazione già insostenibile. Come abbiamo denunciato più volte, attraverso atti parlamentari e interpellanze, e attraverso questa raccolta firme, la questione degli idonei non beneficiari ha raggiunto una fase al di fuori di qualsiasi orizzonte europeo e di stato di diritto. Ci troviamo di fronte ad un idoneo su quattro senza borsa di studio, un contributo statale che precipiterà vorticosamente dagli attuali 100 milioni ai soli 13 stanziati per il 2013 e ad una conseguente discrepanza territoriale che mette a nudo e mortifica le già gravi disuguaglianza del nostro territorio. A fronte di tutto questo, di migliaia di ragazzi che si vedono negato un diritto e sono nei fatti oggetto di discriminazione di classe, di fronte ai ritardi e ai blocchi che anche i “beneficiari” iniziano a subire, il decreto in questione prova a risolvere la questione spinosa dei LEP, livelli essenziali di prestazione, ma cade nei punti nodali che riguardano la logica di finanziamento e l'aumento delle tasse. Attualmente l'onere finanziario del diritto allo studio è sempre più a carico delle regioni, costrette a coprire l'insufficiente dotazione statale. L'art 18 del decreto rivede la legge 549/1995 che definiva l'importo delle tasse regionali tra i 62 e i 130 euro, portandolo al livello minimo di 120 euro e dividendolo in fasce in base all'ISEE. Solo a Cosenza, in Piemonte e in Liguria, l'importo è attualmente di poco superiore ai 120 ed è invece più basso altrove. (approfondisci) La strategia è quindi ancora più chiara: se non basta il fondo statale, si possono alzare le tasse agli studenti, facendo in modo di scaricare il “lavoro sporco” sulle regioni, senza considerare minimamente le ultime sentenze del TAR come quella nei confronti dell'Università di Pavia, che ha dato ragione agli studenti circa il ricorso per lo sforamento del limite del 20% alla contribuzione studentesca. A conferma di questo quadro vi è anche l'articolo 7 del decreto, forse il più indicativo, nel vincolare il diritto allo studio a non meglio precisati “limiti delle risorse disponibili”: “La concessione delle borse di studio è assicurata a tutti gli studenti aventi i requisiti di eleggibilità […], nei limiti delle risorse disponibili nello stato di previsione del ministero a legislazione vigente (art. 7, comma 1) Contro questo decreto si è pronunciata anche la conferenza delle regioni, che ha ravvisato il contrasto con la normativa attualmente in vigore relativa al federalismo fiscale. In sostanza, definire i LEP e poi sostenere che vengono garantiti nei limiti delle risorse disponibili entra in contrasto con la normativa vigente in materia di federalismo fiscale, d.lsg n. 68/2011, secondo la quale dal 2013 (art. 15) i servizi che prevedono LEP devono essere garantiti in modo da soddisfare pienamente i livelli minimi di prestazione, attraverso l'adeguamento delle entrate tributarie regionali. La preoccupazione delle Regioni è quella di ritrovarsi a gestire una propria competenza, il diritto allo studio, senza le risorse necessarie per farlo, come sta già accadendo durante quest'anno accademico; da qui il riferimento alle legge sul federalismo fiscale, che sembra offrire delle garanzie in termini di autonomia tributaria, ma rischia di deresponsabilizzare fortemente l'amministrazione centrale e produrre nuovi incrementi della pressione fiscale. In realtà, la soluzione per garantire effettivamente i LEP in materia di diritto allo studio, passa attraverso l'istituzione di un piano nazionale per il diritto allo studio che prescinda dalla normativa sul federalismo fiscale. Tale piano dovrà includere le risorse per l'esenzione dalle tasse per gli idonei, da contabilizzare all'interno dell'FFO, l'erogazione di un fondo integrativo per le borse di studio e il contributo delle regioni nella manutenzione e nell'organizzazione dei servizi strutturali per tutti gli studenti. In breve, per garantire le competenze delle regioni previste dal Titolo V della Costituzione, è necessario garantire le risorse adeguate. Un ragionamento analogo può essere fatto per quanto riguarda l'atto 437, in materia di bilancio e reclutamento, l'altro atto oggetto di parere contrario. Un provvedimento che rischia di essere letteralmente “la ghigliottina dell'Università pubblica” come ha dichiarato buona parte della comunità scientifica italiana. A fronte di una situazione in cui incidono i pesanti vincoli di bilancio della legge Gelmini del 2009, per cui la maggior parte degli Atenei è riuscita a rinnovare l'organico solo per il 41%, vengono inseriti nuovi meccanismi che vincolano ancor di più la possibilità di assumere legandola a complessi parametri di bilancio. Chi ha scritto questo decreto, insomma, sembra aver dimenticato ci ritroviamo ad essere tra i Paesi con il più alto rapporto studenti/docenti (19,5 studenti per docente contro il 15,8 della media OCSE), un dato che smentisce nettamente il luogo comune che nel nostro Paese ci siano troppi docenti. In rapporto al numero di studenti, su 29 nazioni considerate ci collochiamo al ventiseiesimo posto, davanti solamente a Cile, Turchia e Slovenia che hanno meno docenti di noi. Di fronte a tutto questo, il nuovo decreto costringerà la maggior parte degli Atenei, specialmente quelli del sud, a poter sostituire solo il 10% del corpo decente. Se a tutto questo aggiungiamo negli ultimi tre giorni l'eliminazione nel decreto semplificazioni della procedura di “peer review”, il processo di valutazione tra pari diffuso in tutto il mondo che consente ai giovani ricercatori di non dipendere dai baroni, l'ormai prossima espulsione di più di 20.000 precari dall'Università denunciata dai dottorandi, l'ingiustificabile accelerazione sul ddl Aprea che non fa altro che privatizzare la scuola pubblica, ci troviamo di fronte ad uno scenario che si rende a dir poco disastroso. Il risultato in commissione e l'ampio sostegno incassato dal parere contrario presentato da IDV, dimostrano tuttavia che l'attuale maggioranza politica non può arrogarsi il diritto di portare avanti a testa bassa certe riforme inutili e dannose per il Paese. Si tratta di un segnale forte, che mostra come sia necessario ascoltare, rielaborare e far tesoro della voce che si leva da associazioni e movimenti, proprio come Italia dei Valori ha sempre fatto e continuerà a fare specialmente lunedì prossimo con quest'iniziativa dedicata alla cultura e alla società della conoscenza. E' infatti possibile, oltre che necessario, costruire da subito una valida alternativa alle politiche universitarie targate Gelmini-Tremonti, coinvolgendo quelle forze politiche, civili e associative che hanno dimostrato di non essere rassegnate ad assistere inermi allo sfacelo dell'Università e della Ricerca pubblica.

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